mercoledì 10 marzo 2010

Il Boom di Vittorio de Sica

Dopo aver rivisto il film insieme a Voi mi accorgo di quanto sia invecchiato. Come vi dicevo trovo insostenibili le musiche di Piccioni, invasive, sorde delle vere emozioni che il film suscita...

Ma la sua forza di denuncia lo rende attualissimo se solo si sa andare al di là della sua componente di farsa e lo si vede come grido di denuncia più che sociale, antropologica, di noi italiani...

Se volete lasciare qualche commento anche su quanto detto in classe ecco il posto dove farlo!
Ecco qualche notizia su Elena Nicolai, la donna (il donnone...) che interpreta la moglie di Bausetti.
ELENA NICOLAI la voce che sfiorò il mito
Nata in Bulgaria e vissuta per lo più a Milano, Elena Nicolai, prestigioso mezzosoprano attivo tra gli anni Trenta e i Sessanta, aveva stabilito un forte legame con la Sicilia per un duplice motivo: l’amicizia col cefaludese Maestro Vincenzo Pintorno, il primo a notarla all’audizione per il Conservatorio Verdi di Milano e poi suo insegnante, e il matrimonio con il dottor Andrea Maggio, amico di Pintorno e anch’egli cefaludese.

Le vacanze siciliane, il contatto con l’Isola, i bagni insieme alla figlioletta Aurora nell’acqua azzurra della baia di Cefalù allora incontaminata, avevano affascinato la Nicolai destando nel suo animo vibrazioni di “sicilitudine”. Uno dei personaggi che più amava interpretare era la “Santuzza” di Cavalleria Rusticana, a cui riteneva di aver prestato, rispetto ad altre interpreti, delle connotazioni più consone al suo carattere di donna siciliana. “La mia Santuzza è la più siciliana”, affermava nelle sue memorie (La mia vita tra i grandi del melodramma , a cura di Marina Boagno). Su Youtube è possibile ascoltare “Voi lo sapete o mamma”, per prendere contatto con un’artista oggi dimenticata ma la cui voce scura e drammatica, suggestiva per estensione e coloriture, fu definita “una delle voci più possenti del XX secolo”; un’artista che conquistò un ruolo di primo piano in teatri di tutto il mondo, effettuando venti stagioni alla Scala, e inserendosi nel vasto affresco dell’atmosfera di quegli anni quando il melodramma era una pietra miliare della cultura popolare e della formazione musicale.

Stoyanka Nicolova,in arte Elena Nicolai,era nata in un piccolo villaggio bulgaro e le sue prime parole furono”Canta, nonno”. Fu il nonno materno infatti, cantandole fin da neonata canzoni romantiche e arie verdiane, a trasmetterle quelle sensazioni forti legate alla musica che ne segnarono l’esistenza nutrendo il suo sogno. Cresciuta nel mito di Verdi e del “bel canto” italiano,si presentò all’ammissione al Conservatorio di Sofia ma fu respinta. L’insuccesso non la scoraggioò più di tanto:sapeva che anche Giuseppe Verdi era stato bocciato al Conservatorio milanese che ora portava il suo nome. Convinta la famiglia a farla studiare in Italia, si presentò all’audizione proprio al Conservatorio “Verdi”, e mentre eseguiva con impeto e improntitudine un difficilissimo brano dal Sansone e Dalila, uno dei professori della scuola, Vincenzo Pintorno,- apprezzato direttore d’orchestra, concertatore e compositore amico di Puccini e Mascagni e più tardi di Toscanini-, esclamò: “Questa qui la prendo in consegna io!”. E così fu: ammessa, studiò col Pintorno, il quale ne curò non solo l’impostazione vocale e la “centratura della voce”, ma anche la scelta del repertorio e la presenza scenica, il “recitar cantando” in cui la Nicolai eccelleva. La giovane Stoyanka si dedicò con impegno alla musica: di giorno studiava, di sera coi biglietti gratis della scuola assisteva alle rappresentazioni liriche, nel tempo libero seguiva le prove, che considerava un elemento importantissimo di formazione. Era quello il periodo della fioritura di tanti piccoli teatri che offrivano agli esordienti l’opportunità della gavetta, occasione insostituibile di contatto col pubblico. Qui i direttori dei teatri importanti inviavano spesso i loro talent scout, che monitoravano le voci migliori dando così ai cantanti la possibilità di fare carriera contando sul proprio talento.”Fare dei teatri” era stato il consiglio dato anche alla Nicolai all’inizio della carriera. Eppure nonostante le premesse il debutto avvenuto a Malta nel 1936 rischiò di compromettere tutto.Ingaggiata per il ruolo di Azucena nel Trovatore, che conosceva a perfezione, si lasciò convincere a sostituire una collega interpretando Maddalena nel Rigoletto di Verdi, e sbagliò l’entrata nel quartetto dell’ultimo atto. Le critiche ricevute e il conseguente litigio con gli organizzatori fecero disperare la giovane cantante del suo futuro artistico, ma Vincenzo Pintorno, consigliatosi con l’agente teatrale Casella, trovò la soluzione. Il disastroso debutto doveva essere cancellato; Stoyanka Nicolova spariva per lasciare il posto a una nuova identità: Elena Nicolai. Il nuovo nome d’arte nato da un insuccesso accompagnò una carriera sfolgorante che la portò ad esibirsi nei migliori teatri italiani ed esteri con i più prestigiosi direttori d’orchestra e insieme ad artisti quali Beniamino Gigli, Mario Del Monaco, Boris Christoff, Renata Tebaldi, Tito Gobbi, Franco Corelli, Marcella Pobbe, Maria Callas. Fu apprezzata dai compositori Honegger e Pizzetti; quest’ultimo costruì su di lei il personaggio di Candia della Leonessa nella “Figlia di Jorio” che interpretò alla prima mondiale ricevendo da parte del Maestro notoriamente intransigente e severo, un omaggio floreale con un entusiastico ringraziamento: “A Elena Nicolai, potente e commovente Candia, con profonda gratitudine”.

Lasciato il melodramma nel 1959, le si apre una nuova opportunità, il cinema. Vittorio De Sica le telefona personalmente per proporle il suo film Il Boom insieme ad Alberto Sordi. La Nicolai si ritaglia una professionalità di efficace caratterista e interpreterà anche un episodio de La mia signora di Mauro Bolognini e Il medico della mutua di Luigi Zampa, sempre con Alberto Sordi, oltre a film minori con Franchi e Ingrassia.

Di temperamento sensibile ma anche impetuoso, Elena Nicolai ha nella sua biografia due gustosi episodi: lo schiaffo al giornalista Franco Abbiati, che alimentò il gossip dell’epoca, e un litigio addirittura in scena con Maria Callas.

Lo schiaffo all’Abbiati trova origine nell’atteggiamento ostile di questi nei confronti dell’artista, secondo alcuni dovuto a un’avance respinta. Il giornalista non solo aveva scritto una recensione ingenerosa parlando di “declino” a fronte di un calo di voce dovuto a stanchezza, ma si era adoperato per farla escludere da un recital scaligero in favore di un’altra cantante. La Nicolai ammette solo un vivace scambio di idee durante il quale l’Abbiati le disse: “Con queste parole è come se mi schiaffeggiasse”. Schiaffo morale, dunque, ma la verità è incerta. Emilio Radius scrisse: “molti avevano capito che era successo un incidente, pochi avevano visto”.

Ancora più divertente l’episodio riguardante la Callas. Questa aveva a volte problemi di diaframma per aver perso di colpo 33 chili, e forse per sfogare il nervosismo aveva preso ad avere un comportamento stravagante e a mettere in imbarazzo i colleghi; erano già accaduti episodi spiacevoli con Del Monaco e Christoff. Durante la rappresentazione di Norma del 1953 la Callas mettendo il braccio sulle spalle di Adalgisa per confortarla, cominciò senza parere a tirarle la parrucca deconcentrandola. Dopo aver tentato di sottrarsi con degli spostamenti sul palco, ma senza successo perché la Callas continuava ad incombere, la Nicolai approfittando di un accordo dell’orchestra la richiamò con un “Piantala, Maria”. Tale frase, epurata nel disco “live”, sarebbe chiaramente udibile nel nastro registrato.

Elena Nicolai si esibì 8 volte a Palermo, 7 al Massimo, una al Politeama. A una di queste esibizioni, la Dalila di Saint Saens del 1953, è dedicata una autorevole e lusinghiera recensione, quella del Maestro Eliodoro Sollima: “Nell’interpretazione di Dalila è venuta fuori in tutta la sua luce l’arte di Elena Nicolai:arte completa,che prova la sensibilità spiccatissima e la maturata coscienza artistica di questa insigne interprete. La sua voce pastosa ed ampia, il gusto e la musicalità che ne guidano il fluido scorrere, hanno fatto sì che il personaggio nulla perdesse del calore e dell’intensità espressiva che ne caratterizzano lo spirito”.

Angela Diana Di Francesca (dal sito Angeladiana)


lunedì 2 febbraio 2009

Mercoledì 4 Febbraio

QUATTRO PASSI FRA LE NUVOLE

Soggetto: Piero Tellini, Cesare Zavattini;
sceneggiatura: Giuseppe Amato, Alessandro Blasetti, Aldo De Benedetti, Piero Tellini, Cesare Zavattini;
fotografia: Vaclav Vich;
musiche: Alessandro Cicognini;
montaggio: Mario Serandrei;
scenografia: Virgilio Marchi;
interpreti: Gino Cervi (Paolo Bianchi) Giuditta Rissone (Clara Bianchi), Adriana Benetti (Maria), Guido Celano (Pasquale, fratello di Maria), Giacinto Molteni (Matteo), Aldo Silvani (Luca, padre di Maria), Margherita Seglin (Luisa, madre di Maria), Aristide Garbini (Giovanni il benzinaio), Lauro Gazzolo (controllore sul treno), Carlo Romano (Antonio, autista corriera), Paolo Bonecchi (viaggiatore);
produzione
: Giuseppe Amato per Cines;
Italia, 1942; durata: 95'

Il film Quattro passi fra le nuvole è stato per molti una lieta sorpresa, per quelli specialmente che badano al sodo, e preferiscono nel cinema un raccontino pulito e senza pretese, ma ricco di notazioni colte sul vivo, ai soliti baracconi, pieni di sfarzo pacchiano e di pretese, ma privi affatto di verità e di poesia. Non si tratta di un capolavoro, troppi difetti in Blasetti non riescono ancora a servire ad uno scopo, limitano cioè il potere evocativo di questo regista che, come tutti sanno, è tra i nostri migliori. Ma il soggetto una volta tanto non convenzionale, e la naturale affettuosità di Blasetti, ci hanno dato qualcosa che è molto gradevole e accettabile. L’avventura si svolge attorno ad un commesso viaggiatore che, durante il suo solito giro d’affari, s’incontra con una ragazza, che dovrà avere un bambino, e che abbandonata torna ai genitori, gente rozza e molto attaccata all’onore familiare. Il commesso viaggiatore si impietosisce e aiuta la ragazza con un piccolo trucco ad essere accolta amorevolmente dai suoi. Poi egli riprenderà la solita vita, piena di incertezze e fatiche. La novità dell’assunto psicologico consiste nell’avere il regista abbandonato non solo il raccontino a lieto fine, ma addirittura la retorica del protagonista bello e fatale. Cervi è un uomo qualunque, che vive con coraggio e dignità umana, una vita piuttosto dura e seccante. Ma questa vita non ha inaridito per niente in lui una sua samplice capacità di affetto e di bontà naturale. Basta il contatto con una ragazza carina ed infelice, bastano alcune ore passate in campagna per farlo ritornare lieto e fiducioso, per fargli dimenticare il peso della famiglia e le piccole ma sgradevolissime difficoltà della vita. Il film nella prima parte è bellissimo, tutta la sequenza che si svolge in ferrovia è vista con insolita precisione e novità di osservazione. Le scene poi, la prima e l’ultima con quei caseggiati urbani, con la moglie intristita, con quelle albe che vedono le fatiche degli uomini chiusi nelle grandi città: le loro levatacce ed il loro coraggio, sono qualcosa che va al di là del solito racconto cinematografico per toccare una zona più sensibile, con riflessi addirittura sociali. Peccato che la seconda parte del film, quella che si svolge in campagna abbia molto meno naturalezza. È strano, e l’abbiamo già notato altre volte, che in un paese a sfondo rurale come il nostro, in cui l’economia agraria assorbe il cinquanta per cento degli abitanti, i nostri registi non sappiano guardare con naturalezza la campagna. Pare che nessuno di essi abbia familiarità con dei veri campi e degli autentici contadini.
Gino Cervi è il protagonista, ed è molto bravo. Secondo noi, questa sua interpretazione passa in prima linea nel ricordo tra altre che l’hanno reso giustamente famoso. A certi punti, e non è piccolo elogio anche per la somiglianza delle situazioni umane, ci ha fatto ricordare il protagonista di un famoso film di Vidor di molti anni fa. Quel film si intitola La folla e racconta la dolorosa esistenza di un piccolo-borghese carico di preoccupazioni e tartassato dalla sfortuna.

Pietro Bianchi, L’occhio di vetro - Il cinema degli anni 1940-1943, Ediz. Il Formichiere, 1978


domenica 1 febbraio 2009

Cineforum secondo ciclo

ore 17.00 presso l'Istituto Comprensivo D. R. Chiodi
Via Appiano 15 Roma

Mercoledì 4 Febbraio

Quattro passi fra le nuvole
di Alessandro Blasetti (Italia, 1942)


Mercoledì 18 febbraio

Il profumo del mosto selvatico
di Alfonso Arau (Usa, 1995)


Mercoledì 4 Marzo

Ossessione
di Luchino Visconti (Italia, 1942)


Mercoledì 18 Marzo

Umberto D.
di Vittorio De Sica (Italia, 1952)


Mercoledì 1 Aprile

L’onorevole Angelina
di Luigi Zampa (Itala, 1947)


Mercoledì 22 Aprile

Poveri ma belli
di Dino Risi (Italia, 1957)


Mercoledì 6 Maggio

Il sorpasso
di Dino Risi (Italia, 1961)

lunedì 26 gennaio 2009

Parlano di noi....

Il sito teatro.org ha pubblicato il comunicato stampa del nostro cineforum.

Ecco il link

giovedì 22 gennaio 2009

Cine ...forum che passione!

Il 4 Febbraio 2009 prende il via CINE …FORUM CHE PASSIONE!
presso l’Istituto Comprensivo D. R. Chiodi in Via Appiano, 15 Roma.

Il cineforum consiste in un ciclo di proiezioni di film cui seguirà un dibattito, condotto da un esperto di linguaggio cinematografico, che verterà sugli aspetti linguistici e culturali del film proiettato.
Il cineforum, finanziato dal Ministero della Pubblica Istruzione, si svolge nell’ambito del progetto Scuole aperte del Ministero della Pubblica Istruzione progetti a favore dei genitori, della popolazione giovanile e adulta del territorio.

Ecco il calendario delle proiezioni:


Mercoledì 4 Febbraio

Quattro passi fra le nuvole
di Alessandro Blasetti (Italia, 1942)



Mercoledì 18 febbraio

Il profumo del mosto selvatico
di Alfonso Arau (Usa, 1995)



Mercoledì 4 Marzo

Ossessione
di Luchino Visconti (Italia, 1942)



Mercoledì 18 Marzo

Umberto D.
di Vittorio De Sica (Italia, 1952)



Mercoledì 1 Aprile

L’onorevole Angelina
di Luigi Zampa (Itala, 1947)



Mercoledì 22 Aprile

Poveri ma belli
di Dino Risi (Italia, 1957)



Mercoledì 6 Maggio

Il sorpasso
di Dino Risi (Italia, 1961)


tutte le proiezioni iniziano alle 17.00 in punto
presso l’Aula polifunzionale dell’Istituto comprensivo
D. R. Chiodi Via Appiano, 15

Ingresso libero

lunedì 10 novembre 2008

Zelig (Usa, 1983) di Woody Allen





"Zelig" di Woody Allen: produzione del falso, manipolazione del vero.

Un saggio sul Novecento.

Questo testo costituisce lo schema di un intervento presentato nell'ottobre 2002 in uno degli incontri periodici sulla didattica del cinema, organizzati dalla Cineteca di Bologna e dall'associazione di insegnanti "I 400 colpi".

Zelig di Woody Allen è un saggio quintessenziale sul Novecento: anche solo per questo grande è la sua rilevanza didattico-culturale. Intorno al personaggio di Leonard Zelig, Woody Allen costruisce infatti il paradigma del rap-porto tra verità e finzione:

- sul piano linguistico e propriamente filmico
- sul piano narrativo
- sul piano filosofico
- sul piano storico-culturale
Il film, del 1983, diviene un modello testuale per tutti i cineasti che a vario titolo e con varie finalità si misureranno con il meta-cinema e con tecniche di manipolazione audiovisiva sempre più raffinate: da Stone a Zemeckis e Spielberg, per restare agli statunitensi.
Il film è dunque essenzialmente un saggio metalinguistico: ecco perché è un saggio sul Novecento.
Riepiloghiamo schematicamente alcune questioni in merito.

A metà del XIX secolo, con l'invenzione della fotografia, l'uomo trasferisce alla tecnologia il compito di rappresentare "oggettivamente" la realtà fuori di sé.
La separazione tra soggetto che conosce/descrive/rappresenta e oggetto da conoscere/ descrivere/rappresentare, grazie ad un dispositivo artificiale, sembra marcarsi con nettezza.
Ma si tratta di una illusione prospettica: tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, grazie alle applicazioni degli studi teorici sulle proprietà del radio, per la prima volta, l'uomo può guardare dentro di sé: da vivo. E "rappresentare il non visibile".
Così, la distanza tra soggetto e oggetto si accorcia repentinamente e imprevedibilmente: "l'uomo non incontra al-tro che sé stesso" (Heinsenberg). L'indagine su qualunque "oggetto", umano o naturale, procede in dipendenza necessaria dalla tecnologia: la divaricazione natura-cultura si è annullata al punto che l'uomo per procedere nella co-noscenza modifica l'oggetto stesso della conoscenza e forza le "leggi di natura" che sembrano regolare i fenomeni.
Principio di indeterminazione, teoria della relatività, psicoanalisi: il "nuovo rinascimento scaturito dalla crisi dei fondamenti squaderna uno scenario del tutto inedito in cui il concetto stesso di unicità risulta paradossale. Nella realtà "naturale" e "umana" così come nell'arte.
Nel mondo fisico i modelli di rappresentazione del macrocosmo risultano inapplicabili al microcosmo. Nella real-tà sociale l'uno si fa massa. Nella realtà esistenziale l'uno si sdoppia, anzi si moltiplica.
Nell'arte, la rappresentazione dell'evento cede il posto alla rappresentazione della forma (dell'evento). Assoggettato al molteplice, l'uno riemerge come "fenomeno": la sola arte possibile consiste nella autospettacolarizzazione, nel sur-reale.
La genialità del "Leonard" novecentesco di Woody Allen si attua nella moltiplicazione del sé e parla il linguaggio della comunicazione depistatrice, pervasiva e babelica dei media. Il camaleontismo del personaggio coincide (e si racconta mediante) il mimetismo del suo autore. Segnati, in quanto appartenenti al genere umano, dallo stesso dolore storico ed esistenziale, aspirano entrambi - personaggio e autore - a dare significato ad un talento incontrollabile e sfuggente, ambiguo e malleabile, per molti versi in-consapevole e in-autentico. La domanda-chiave diventa dunque: si può documentare l'inautentico? In "Zelig", Allen risponde alla domanda con gli attrezzi del cineasta, l'immaginazione del narratore, l'ironia del critico, la consapevolezza dello storico, la problematicità del filosofo.

Gli attrezzi del cineasta

Il film Zelig è una fiction che svolge il tema del documentario e lo fa mescolando magistralmente tutti i possibili materiali visivi e sonori e conducendo lo spettatore in una dimensione labirintica in cui il tempo (gli anni '20 e '30 e il presente) e lo spazio (America e Europa) della narrazione si dilatano e si comprimono nei passaggi misteriosi e nei percorsi senza uscita creati dal montaggio di materiali "veri", cioè "d'epoca", con materiali "falsi", cioè realizzati ad hoc. Lo fa depistando continuamente lo spettatore con didascalie fuorvianti come quella iniziale in cui si ringraziano "per il seguente documentario" un personaggio inventato, la "sorella vivente" di Eudora Fletcher (in-terpretata dalla madre reale di Mia Farrow, a sua volta interprete di Eudora), e personalità della cultura come il premio Nobel Saul Bellow o la scrittrice Susan Sontag.



Il film racconta la storia di Leonard Zelig ricostruendola:

- a colori attraverso "testimonianze" di contemporanei di W. Allen: alcuni noti, altri no
- in b/n attraverso cinegiornali e filmati d'epoca autentici montati con altri falsi girati ad hoc
- in b/n attraverso spezzoni di fiction d'epoca utilizzate come immagini documentarie
- in b/n attraverso foto d'epoca autentiche manipolate e altre false scattate ad hoc
- in b/n attraverso giornali d'epoca autentici manipolati e altri falsi stampati ad hoc
- in b/n attraverso la realizzazione di una falsa fiction "d'epoca" che racconta la storia romanzata di Zelig
- con la voce fuori campo di un narratore con timbro da commentatore di cinegiornale
- con la voce fuori campo (di Zelig o di altri) manipolata per contraffare una "registrazione d'epoca"
- con didascalie esplicative fuorvianti o tautologiche
- con sottotitoli (per le versioni doppiate)
- con l'introduzione di falsi oggetti "d'epoca" nelle riprese (gadgets, indumenti, balli, canzoni, ecc.)

(esercizio: prova a rintracciare almeno un esempio di ciascun materiale e a classificarlo come significante/significato)

L'immaginazione del narratore e l'ironia del critico

In Zelig W. Allen esercita poi il suo talento di narratore e sperimenta virtuosisticamente diversi generi:
- l'informazione giornalistica e radiofonica (alludendo maliziosamente a quella televisiva)
- l'informazione documentaristica
- il romanzo e il film d'appendice
- il racconto storico e di costume
- l'intervista
- il resoconto scientifico
- la tradizione religiosa
- sul piano propriamente meta-narrativo: la parodia e la satira, l'autobiografismo, la critica

(esercizio: prova a rintracciare almeno un esempio di ciascun genere e analizzane la collocazione e il senso nell'insieme della trama narrativa)

La consapevolezza dello storico

Leonard Zelig è un personaggio surreale che attraversa la Storia reale.
La verosimiglianza (come direbbe Manzoni), o addirittura l'autenticità dei personaggi che fanno coro a Leonard Zelig, permette all'intellettuale ebreo Allen Konisberg, in arte Wody Allen, di raccontare eventi e passaggi storici cruciali e di sottolinearne la drammaticità con consapevolezza ex post.
Gli eventi sono quelli decisivi che "impostano" il corso del Novecento e alimentano ancora vigorosamente il di-battito storico (il film è dell'83, ovvero precede - e anticipa con sorprendente sensibilità - la fase del "crollo delle ideologie").
Gli eventi a volte sono esplicitati, a volte sono allusi. Nel primo caso sono inestricabilmente legati ai "luoghi" in cui sembrano svolgersi.
(esercizio: prova a tracciare una mappa degli eventi storici e dei luoghi del loro svolgersi e rifletti sul loro rapporto con le caratteristiche biografiche e i risvolti simbolici del personaggio e delle sue vicende) La problematicità del filosofo
Relativamente a questo aspetto rimandiamo sostanzialmente alle considerazioni introduttive, soprattutto per quanto riguarda le antitesi verità/finzione, realtà/irrealtà, vita/arte, ecc..
Ricordiamo tuttavia la rilevanza, nel Novecento e fino ad oggi, della riflessione sul rapporto tra massa e potere, e specificamente sul ruolo che i mezzi di comunicazione di massa hanno svolto e svolgono nell'orienta-re/condizionare tale rapporto (si vedano al proposito: W. Reich, La Scuola di Francoforte, Lyotard, La condizione post-moderna; e specificamente per il cinema: R. Renzi, Il cinema dei dittatori).
Né secondaria è la riflessione sui risvolti sociologici, ideologici ed etici derivati dalla diffusione (di massa?) della psicoanalisi; e tanto meno lo è quella relativa ai legami della scienza e della tecnologia con l'economia e la politi-ca.

(esercizio: prova a rintracciare nella sceneggiatura e nell'impasto del montaggio le "impronte" di alcune di queste riflessioni e le allusioni)

domenica 19 ottobre 2008

Siamo tornati!


Finalmente riprendono i corsi, con un po' di ritardo secondo le previsioni quando ci eravamo lasciati a maggio.

ecco di seguito le date dei prossimi incontri
come al solito potete lasciare commenti o scrivere per avere ulteriori informazioni.







CI VEDIAMO IL 4 NOVEMBRE





Programma incontri II parte


Martedì 4 Novembre, ore 17.30

IV incontro: dal racconto al reportage nascita dell’informazione televisiva
Carattere precipuo del mezzo televisivo è l’informazione (che prende spunto dai documentari e cinegiornali cinematografici) e l’intrattenimento (che prende spunto a sua volta dall’intrattenimento cinematografico seriale). Indissolubilmente legati in un connubio inestricabile informazione e intrattenimento si sono meritati il neologismo di infotainment. Informazione + intrattenimento. L’incontro cercherà di smascherare le retoriche del verosimile e i codici di verosimiglianza che si ce-lano anche dentro i programmi (apparentemente) non di fiction, fornendo così un valido strumento di lettura critica e consapevole dei vari format televisivi.


Martedì 11 Novembre, ore 17.30

Proiezione film Zelig (Stati Uniti, 1982) di Woody Allen


Martedì 18 Novembre ore 17.30

V incontro
Dalla televisione al monitor digitalizzazione e avvento dell’era informatica

La digitalizzazione (transcodifica in sequenze binarie di numeri) di tutti i mezzi di comunicazione di massa (immagini, filmati, testi, musica, etc.) ne ha al contempo facilitato la diffusione ma ne ha anche appiattito le specifiche differenze sugli standard tecnologici (e concettuali) dei personal computer e delle relative strategie commerciali (software, hardware e di altra componentistica) inglobando, nello stesso momento, altri mezzi di comunicazione di più specifica pertinenza (videogioco ma, ancora, l’uso dei software più diffusi, di video scrittura, e-mail, ecc) creando sinergie tra “vecchi media” (cinema e tv) e”nuovi media” che però dietro entusiastici consensi celano una precisa idea di cosa sia il consumo culturale. L’incontro cercherà di fare luce su questo terreno complesso e ancora in piena fase di studio.


Programma incontri II parte (segue)

Martedì 25 Novembre, Ore 17.30

proiezione film The Contenders Serie 7 (Stati Uniti, 2001) di Daniel Minamhan


Martedì 2 dicembre, ore 17.30

VI incontro: dall’informatica alla multimedialità il presente e oltre.
L’incontro cercherà di fare il punto della situazione dalla digitalizzazione alle nuove frontiere internet (il cosiddetto web 2.0) sfatando miti di presunti pericoli e snidando invece quelli più concreti e minacciosi in un’ottica di critica costrutti-va ai nuovi media e non di mera e aprioristica avversione per la novità


Martedì 9 Dicembre, ore 17.30

Proiezione del film Nirvana (Italia, 1997) di Gabriele Salvatores


Martedì 16 dicembre, ore 17.30

VII e ultimo incontro
L’incontro conclusivo cercherà di tradurre in concrete strategie educative, didattiche e pedagogiche quanto scoperto strada facendo durante gli incontri precedenti e servirà anche come feed-back per monitorare i cambiamenti in ambito familiare notati nel consumo casalingo e non dei media vecchie nuovi. Un bilancio finale verrà collettivamente redatto anche in previsione di un secondo anno di incontri


Per informazioni: cinemachepassione@gmail.com